Prima di scattare…

550523_3790538237367_2132894021_n

8 Things I learned assisting National Geographic photographer Reza
di Cat Layne

  1. Slow Down. You move too fast.
  2. Consider all the potential light sources in your shooting location.
  3. Don’t leave your tripode at home.
  4. You can do amazing things with simple light modifiers.
  5. Speak softly and and carry a big lens.
  6. Use white balance, picture styles and the white balance shift settings in your camera creatively.
  7. Don’t be afraid to get in close.
  8. You don’t have to fill every second of silence with talk.

Tratto da http://paintedfoot.com

Ho scritto di Reza, anche qui.

Umanità Silenziosa – Reza Deghati

Reza-Deghati

Fenêtre de l’âme.

Questo il nome dell’esposizione che dal 20 giugno al 30 settembre ha arricchito la facciata dell’edificio abbandonato della scuola militare della Legione Straniera di Bonifacio.
E che ha arricchito  lo sguardo di una splendida turista che passeggiava in un dì di agosto da quelle parti (ndr la splendida turista sarei io, eh).

Le sessanta finestre di questo grande palazzo sono state coperte da altrettanti ritratti, da sguardi di un’intensità straordinaria, sguardi di persone ‘catturati’ da ogni parte del mondo.

L’autore di queste splendide fotografie è Reza Deghati

Filantropo, idealista, umanista. Autore di molte tra la copertine di National Geographic.

Reza is not just a photographer, recita la sua biografia.

Reza-photo-01

Nato in Iran nel 1952, da più di trent’anni gira il mondo per documentare le storie delle persone che incontra, storie di popolazioni, in guerra e in pace, storie di un’umanità silenziosa. Dalle sue fotografie, si riesce a percepire una sorta di empatia, una connessione tra il soggetto e il fotografo. Guardando i suoi ritratti, ho immaginato le sue mani che toccavano quei visi. Ho immaginato un dialogo tra loro, vicinanza, compassione.

Cosa c’è di così speciale nelle sue fotografie?

Impegno. Concretezza, tatto, vissuto.
Un contatto che non si trasforma mai in giudizio.

Reza-photo-04scSono rimasta assorta di fronte a queste fotografie. L’umanità è meravigliosa.

Questo slideshow richiede JavaScript.

2+2=5

Robert Mapplethorpe, Thomas

Thomas, 1987 – Robert Mapplethorpe

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualcuno disse che la bellezza salverà il mondo.

L’ho pensato tutte le volte che mi sono trovata di fronte a un’immagine di
Robert Mapplethorpe.

Il suo tempo è la New York degli anni Settanta e Ottanta, la sua coinquilina Patti Smith.
Mapplethorpe vive la cultura sessuale undergroung di New York, frequenta club omosessuali e sadomaso, partecipa a rituali sessuali e li documenta.

Ho scelto la fotografia perché sembrava il mezzo perfetto per commentare la follia dell’esistenza di oggi. Cerco di registrare il momento in cui vivo e il luogo dove vivo, e si dà il caso sia New York. Cerco di fare una scelta nella follia e metter un po’ di ordine… non sarebbe stato possibile fare queste fotografie in nessun’altra epoca… io non fotografo cose cui non abbia partecipato in prima persona.

Follia e ordine. Oscurità e luce. Maschilità e femminilità. Animale e uomo. Demoni e angeli.
Contemporaneo e classico. Scandaloso e sublime.

La fotografia di Mapplethorpe ha la capacità di sintetizzare dualismo e ambiguità, di racchiudere gli estremi, di raccogliere la perfezione del mondo classico e combinarlo con lo scandalo dell’età contemporanea. Il suo intero lavoro si regge sulla tensione di forze contrarie, ci trascina sempre di fronte a un bivio e ci lascia liberi di scegliere se rimanere affascinati o scandalizzati, eccitati o imbarazzati.

Mai indifferenti.

Robert_Mapplethorpe_3

 

 

 

 

Book AdviceJust Kids di Patti Smith

E taci meravigliata

Immagine

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.

Alda Merini

Cate Blanchet (Catherine Elise Blanchett) by Annie Leibovitz 2004

Cate Blanchet (Catherine Elise Blanchett) by Annie Leibovitz 2004

Un’autentica bugia

“Migliaia di anni passano. Un’altra veggente, un’altra Cassandra.
Anche lei vede: vede ancora di più della prima, vede tutto il mondo.
Ma non è affatto sicura di quel che vede, non può giurare su quel che sa.
Esita incerta, si schermisce.
La maledizione omerica colpisce anche lei, però ribaltata:
sa di dire quesi sempre il falso, eppure viene ostinatamente creduta.
La nuova Cassandra, l’anti-Cassandra, è la fotografia.”

Che cos’è la fotografia? Un’autentica bugia.
Parola di Michele Smargiassi, giornalista professionista, firma di uno dei blog fotografici italiani più seguiti e amati: Fotocrazia.

Fotografia, vero, falso. Sono termini di una questione tutt’altro che risolta.
Il World Press Photo Award di quest’anno ha riportato alla luce dei media e dei critici l’annosa questione che riguarda la natura del rapporto tra fotografia e informazione, fotografia e verità.
Una relazione diretta? Al contrario, inconciliabile?
Una coppia di fatto, forse?
Qualche giorno dopo la polemica riguardante il limite che la post-produzione dovrebbe o non dovrebbe avere nelle immagini di fotogiornalismo (rimando a un articolo de Il Post), ecco nascere un’altra accesa discussione. E questa volta riguarda il connazionale Paolo Pellegrin, fotografo di Magnum, reo secondo Loret Steinberg di BagNewsNotes, un sito che si occupa di critica e analisi dell’immagine giornalistica,  di aver deformato la realtà – o quantomeno non aver riportato la verità – scattando una fotografia a Shane Keller, ex marine, ritratto in un cupo garage, munito di un fucile e diversi proiettili.

Pellegrin Shane-Keller

Pare che che il buon vecchio Shane non abbia apprezzato, che non si sia sentito affatto rappresentato da questa immagine, un’immagine che veicola un messaggio di violenza che non gli appartiene. Ha raccontato di essere stato messo in posa nel suo garage, un luogo che avrebbe garantito a Pellegrin una giusta dose di drammaticità nell’atmosfera, insieme al fucile e ai suoi proiettili (che in ogni caso sono in suo possesso).

Non vorrei dilungarmi sulla vicenda, ma usarla piuttosto come pretesto per riflettere sulla natura della fotografia. Il mezzo fotografico, a differenza della penna o delle tastiere dei nostri PC, non racconta ma evoca. Ed è una differenza sostanziale. In fotografia, non sono chiari i legami di causa-effetto, essa non dimostra ma allude.

La sua natura è ambigua.

Il sospetto nei confronti della fotografia come mezzo oggettivo di informazione è vecchio quanto la fotografia stessa. Ma è come se il sospetto fosse materia dei critici, appartenesse a un altro piano di riflessione, mentre il suo pratico utilizzo e la sua fruizione si accomodino su una per scontata fiducia.

“Sospetto e fiducia cieca convivono sotto lo stesso tetto – afferma Smargiassi – ma in stanze diverse.”

Anche i grandi fotografi ne sono consapevoli, ma mentre alcuni tacciono i loro dubbi – Alfred Stieglitz affermò: “La fotografia è la mia passione, la ricerca della verità la mia ossessione” – altri assumono il peso dell’ambiguità fotografica, accettano il rischio, senza per questo arrendersi o rassegnarsi.

Uno fra tutti: Lewis Hine.

Pienamente consapevole dei limiti dello strumento che teneva fra le mani, Lewis Hine riuscì comunque a usare la sua macchina fotografica per promuovere riforme sociali e per cambiare davvero la società in cui viveva, in particolare nell’ambito del lavoro minorile.
Nell’America dei primi anni del Novecento, di fronte a un capitalismo senza scrupoli, Hine è riuscito a gettare luce, luce a fiotti, su ciò che lo circondava, sulle disuguaglianze, sullo sfruttamento, sulle ingiustizie.

E’ una visione oggettiva? No, è comunque una visione di parte.
Ma è una visione che fa bene. 

Lewis_Hine_Power_house_mechanic_working_on_steam_pump


La fotografia ha sempre mentito, non può fare altro perché il processo di trasposizione della realtà in un’immagine bidimensionale glielo impone: la realtà è solo un elemento nel processo di produzione di una fotografia, afferma Ansel Adams.

Prendere coscienza della natura truffaldina della fotografia non ci deve però far rinunciare al suo potere evocativo, tanto meno al suo utilizzo.

Entra qui in gioco un altro termine.
Non parliamo più di verità ma di utilità.

Ci suggerisce Nelson Goodman: l’utilità è una questione di grado, è capace di offrirci una misura di approssimazione alla verità, non una secca alternativa tra verso e falso.

La fotografia non è vera, ma resta enormemente utile.

Con quali condizioni?
Ci dice Smargiassi:
“Una le riassume tutte: non chiedere alla fotografia più di quanto sia in grado di dare; diffidare della fotografia che si spinge oltre i propri limiti. Solo dentro i limiti della fotografia, e non nelle sue potenzialità illusorie, possiamo cercare quella scintilla che può esserci utile.”

La verità utile si ricava in controluce, da ciò che non ci dice.
Ernst Gombrich propone il principio del testimone oculare, una regola negativa:
“L’artista non deve includere nella propria immagine nulla che un testimone oculare non potrebbe aver visto a un dato momento da un certo punto di vista.”

E per farvi un’idea di quanta verità ci sia nelle fotografie che vi riempiono gli occhi quando al mattino vi leggete il giornale con una bella brioche in mano, guardate qui:

Della serie..

Le fotografie non sanno mentire, ma i bugiardi sanno fotografare.
Lewis Hine

* Questa riflessione è ispirata dalla lettura di Un’autentica bugiaMichele Smargiassi (Ed. Contrasto)
* Il video Photojournalism behind the scenes è di Ruben Salvadori 

Pill #8

Gianni Berengo Gardin

In giro vedo la pubblicità di una casa che produce macchine fotografiche che dice: “Non pensare, scatta”.
Mi sembra quanto di peggio ci possa essere. Io dico invece: prima pensa per due ore poi, eventualmente, scatta.

Gianni Berengo Gardin

Non conosci Gianni Berengo Gardin?
http://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Berengo_Gardin

Bibliografia essenziale del buon fotografo

Ovvero i libri che dovresti leggere per poter fare il figo agli incontri fotografici: 

Sulla Fotografia – Susan Sontag 
Comprami su Amazon! 
Qui trovate una mia riflessione su questo saggio.

La camera chiara – Roland Barthes
Comprami su Amazon!
Qui trovate un breve commento. 

Leggere la fotografia – Augusto Pieroni
Comprami su Amazon!

La fotografia – Ugo Mulas
Comprami su Amazon!

L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica – Walter Benjamin
Comprami su Amazon!

Sulla fotografia – Man Ray
Comprami su Amazon!

L’infinito istante – Geoff Dyer
Comprami su Amazon!

Magnum Magnum – a cura di Brigitte Lardinois
Comprami su Amazon!

Questa bibliografia essenziale è in costante evoluzione e aggiornamento.
Si accettano suggerimenti!!

Libri fotografici

Pill #7

ferdinando sciama

Si può mentire con le fotografie. Si può persino dire la verità, per quanto ciò sia estremamente difficile. Il luogo comune vuole che la fotografia sia specchio del mondo ed io credo occorra rovesciarlo: il mondo é lo specchio del fotografo.

Ferdinando Scianna

 

Non conosci Ferdinando Scianna?

http://it.wikipedia.org/wiki/Ferdinando_Scianna